(A Stefania, Roma, 7 Aprile 2018)
Un anno d’oro quello del 1983, un po’ come ognuno di noi vorrebbe che fosse l’anno in corso
Ma non accade per caso, lo afferma lui stesso che il risultato è possibile ma non necessita di giorni bensì di anni e vanno sprofondate le proprie incerte gambe fino alla melma dei nostri soggetti.
Solo così si attraversa un percorso di purificazione e si può sperare di divenire qualcosa di diverso.
Non è illegittimo volere, desiderare essere altro, o di più. E allora possono arrivare le piogge monsoniche, oppure dieci anni di aridità inesplorata o qualsiasi altro pezzo di vita si ponga tra la vostra macchina fotografica e un qualsiasi domani. Non è possibile accontentarsi di riuscire ad acquistare una buona macchina fotografica esattamente come non ci si dovrebbe accontentare di fotografare un fiume soltanto dall’esterno del fiume, tutto questo può essere la strozzatura dei vostri sogni, dei vostri desideri e del vostro poter essere.
Steve McCurry non era in lista, non appariva nella lista dei tributi finché una ragazza non mi ha regalato parole da leggere, nuove, meravigliose parole di fotografia, parole di storie di uomini che hanno affrontato il viaggio e hanno attraversato l’inferno per imporre il desiderio di essere nei loro scatti.
E così fu sera e fu mattino di un nuovo giorno di fotografia e di parole. Anche quando non si aspettano parole, soprattutto da un sabato mattina in cui l’unica speranza è quella di non trovare troppo traffico sulla strada di casa per vedere il proprio nipote o fotografare i cavalli che sono la felicità di una ragazza che dalla città, ogni fine settimana, si sposta alla campagna poco distante per vivere il suo sogno. Arrivano parole e sono quelle di Steve McCurry.
E allora nell’affrontarle ti sovviene il verde ed il rosso di una usurata ragazza afgana. Ma è ovvio che Steve non ne possa più. Proprio come Andy non ne potrebbe più del giallo e del rosa oppure Eric non ne potrebbe più di Layla o Frank di New York New York. Ma sarebbero mai loro stessi senza le loro madame? E allora non è nient’altro che il tributo da pagare, i due soldi poggiati sulle palpebre degli occhi chiusi di chi è in un viaggio inevitabile, per traversare il Rio, per essere traghettati sulla sponda che merita e che li merita. E’ ovvio che Steve soprassiede sulla foto della ragazza ma con un tono di rassegnazione ed approvazione dello status dei fatti come a dire: “io sono il problema, non il fatto che un’unica foto si sia imposta di rappresentare me ed il mio lascito”.
Ma io cercavo me mentre lo ascoltavo parlare e ora mi viene in mente: “non dirmi che non ci sei più, non dirmi che sono di nuovo arrivato tardi…”. Così vado e scopro che, si, almeno tu ci sei ancora, e questo fa si che tu non sia ancora del tutto un mostro sacro, ci torniamo sopra, alle tue parole, quando smetterai di scattare per forza maggiore. Allora insiegnerai, per ora sei un vivo esempio.