Distanza di ripresa (messa a fuoco)
Anche se, apparentemente, il concetto di messa fuoco è il più semplice e naturale è necessario fare chiarezza su almeno un punto fondamentale: il suo significato e la sua flessibilità.
Una macchina fotografica guarda verso una particolare direzione. In qualunque direzioni guardi, mediamente può valutare infiniti momenti fra i 50 centimetri e l’infinito. Immaginate di avere una fila di tessere del domino pronte a cadere e poste in linea retta fra il vostro obiettivo e l’infinito. Con la macchina avete una ghiera per regolare il punto esatto da prendere in considerazione e quindi, da mettere a fuoco. Il punto in cui viene messa a fuoco l’immagine è solitamente considerato il soggetto della fotografia (con qualche piccola eccezione).
Quello che deve essere tenuto in considerazione è che nel processo di messa a fuoco lo spazio dell’immagine che diviene nitida varia sensibilmente in relazione a 3 fattori:
- la distanza dell’oggetto dall’obiettivo
- l’apertura del diaframma
- il tipo di obiettivo che si sta utilizzando
Per un primo approccio all’effetto della distanza di ripresa possiamo sintetizzare dicendo che:
maggiore è la lunghezza focale dell’obiettivo, maggiore è l’apertura focale (numero “f” più piccolo), minore è la distanza del soggetto dalla macchina fotografica, minore sarà la profondità di campo a fuoco
Esempio pratico
Avremo una minima profondità di campo di soli pochi millimetri a fuoco inquadrando una mela posta a 4 metri da noi e fotografandola con un obiettivo 200mm con apertura del diaframma massima (f 2.8).
Avremo una massima profondità di campo a fuoco (praticamente tutto lo spazio fra macchina ed infinito) inquadrando una mela a qualunque distanza da noi fotografandola con un grandangolo di lunghezza focale pari a 18mm e una minima apertura del diaframma (f.22).